- 11 Dicembre 2025
- Marchi
- Raffaele Bonini
Il contenzioso, conclusosi nel gennaio 2025, fra il noto marchio di liquore Jack Daniel’s e VIP Products, produttore del giocattolo per cani “Bad Spaniels”, è diventato uno dei casi più discussi degli ultimi anni in materia di proprietà intellettuale. Ciò che potrebbe sembrare un semplice gioco ironico ha in realtà sollevato questioni cruciali sul rapporto tra parodia commerciale, tutela del marchio e protezione del trade dress, cioè del modo in cui un prodotto o servizio viene presentato al pubblico.
Quando la parodia si avvicina troppo al marchio originale
“Bad Spaniels” riproduceva in modo evidente l’aspetto della bottiglia di Jack Daniel’s: dalla forma al layout grafico, fino alla tipografia e alla struttura dell’etichetta. Le scritte erano state modificate in chiave umoristica, ma l’impatto visivo restava estremamente simile a quello del celebre whisky. Per Jack Daniel’s, questa somiglianza non era innocua. L’azienda ha sostenuto che un prodotto commerciale che riprende così da vicino il trade dress di un marchio noto rischia di incuriosire, confondere o far credere al consumatore che dietro ci sia un’approvazione ufficiale. Inoltre, l’associazione fra il marchio e una parodia basata su temi “volgari” avrebbe potuto offuscarne l’immagine, producendo un danno reputazionale.
Un percorso giudiziario complesso
La vicenda giudiziaria ha avuto diverse fasi. In primo grado, Jack Daniel’s aveva ottenuto una decisione favorevole: il giocattolo era ritenuto troppo simile al marchio originale. In appello, però, la Corte aveva ribaltato il giudizio, interpretando il prodotto come un’espressione parodistica protetta dalla libertà di espressione artistica.
La questione è arrivata fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che nel 2023 ha stabilito un principio destinato a incidere su tutti i casi futuri: quando la parodia non rimane nell’ambito dell’espressione creativa ma diventa un prodotto commerciale che utilizza il marchio come indicatore d’origine, non può godere di un’esenzione automatica.
Successivamente, nel 2025, il tribunale federale ha chiarito un ultimo punto decisivo: sebbene il giocattolo non generasse una confusione diretta sull’origine del prodotto, l’associazione umoristica legata agli escrementi del cane produceva una diluizione per offuscamento del marchio Jack Daniel’s, tale da giustificare un’ingiunzione permanente contro la vendita del prodotto.
Perché il caso è destinato a diventare un riferimento
Il caso Jack Daniel’s vs Bad Spaniels dimostra che la parodia, quando entra nel mercato come bene di consumo, non può spingersi a ricalcare in modo troppo fedele i caratteri distintivi di un marchio registrato. L’ironia, da sola, non basta a escludere la violazione.
Si tratta di un richiamo forte per tutti coloro che si occupano di branding, design del packaging, merchandising e marketing creativo: il confine tra ispirazione e appropriazione indebita è più sottile di quanto sembri e richiede competenze giuridiche specifiche.
Marchio e parodia: una lezione per imprese, designer e creativi
Il caso insegna che la protezione del marchio non riguarda solo il nome o il logo, ma anche l’intero universo visivo associato all’immagine del prodotto. L’integrità dell’immagine, il valore simbolico del trade dress e la reputazione costruita nel tempo possono essere messi a rischio anche da usi apparentemente innocui. Per questo, chi sviluppa nuovi prodotti o elementi visivi deve sempre procedere con valutazioni preventive: una parodia mal calibrata, una somiglianza eccessiva o un richiamo estetico troppo diretto possono trasformarsi in un contenzioso complesso e costoso.
Il controverso caso Bad Spaniels ricorda che innovazione e creatività devono sempre dialogare con una corretta strategia di tutela.
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