- 5 Novembre 2025
- Design
- Raffaele Bonini
Il caso Smucker’s contro Trader Joe’s riporta al centro dell’attenzione un tema tanto affascinante quanto complesso: la tutela del packaging come segno distintivo d’impresa. Negli Stati Uniti, la protezione del cosiddetto “trade dress” – cioè l’aspetto visivo complessivo di un prodotto o della sua confezione – è ormai una parte consolidata del diritto dei marchi. In Europa e in Italia, invece, la questione rimane più sfumata, ma sempre più attuale, soprattutto in un mercato dove l’immagine del prodotto incide profondamente sulla percezione del consumatore.
Il contesto della causa: il packaging e il design
Nel settembre 2025 la storica azienda alimentare americana The J.M. Smucker Company, produttrice dei noti sandwich “Uncrustables”, ha citato in giudizio la catena di supermercati Trader Joe’s.
L’accusa? Aver imitato il packaging e il design dei suoi celebri panini senza crosta, lanciando un prodotto simile, i “Crustless Peanut Butter & Strawberry Jam Sandwiches”.
Smucker’s ha sostenuto che l’aspetto complessivo del prodotto di Trader Joe’s, dal design del sandwich alla confezione, riprendeva in modo eccessivamente fedele quello degli “Uncrustables”. Il riferimento non era solo al nome, ma soprattutto al colore blu della confezione, alla grafica con il panino “morsicato” e alla presentazione visiva del prodotto, che nel tempo erano diventati elementi identificativi del marchio.
Il cuore della controversia: il “trade dress”
La causa ruota attorno al concetto di trade dress, ovvero l’aspetto esteriore di un prodotto o della sua confezione, quando questo riesce a identificare l’origine commerciale agli occhi del consumatore. Negli Stati Uniti, il trade dress può essere tutelato come marchio se soddisfa tre condizioni: deve essere distintivo, non funzionale e deve esserci un rischio di confusione tra i consumatori con un altro prodotto o servizio nello stesso mercato.
Secondo Smucker’s, l’aspetto complessivo dei suoi “Uncrustables” è ormai così riconoscibile da costituire un marchio non convenzionale. Trader Joe’s, invece, ha replicato che gli elementi contestati non sono distintivi, ma funzionali: la forma circolare del sandwich serve a mantenerlo sigillato, i colori e le immagini servono a mostrare il gusto del prodotto.
Aspetti legali e implicazioni pratiche
Il giudizio sul “trade dress” richiede un delicato equilibrio. Da un lato, la legge tutela i segni distintivi che permettono al consumatore di riconoscere un marchio; dall’altro, impedisce di monopolizzare elementi necessari alla funzionalità o alla descrizione del prodotto.
Se la Corte dovesse dare ragione a Smucker’s, il caso potrebbe diventare un precedente rilevante per la tutela dei marchi visivi e dei packaging alimentari. Per le imprese, significherebbe che la confezione – se sufficientemente caratteristica – può diventare una vera e propria estensione del marchio, al pari di un logo o di un nome.
Un insegnamento anche per l’Europa: il packaging non è solo forma
Sebbene il concetto di “trade dress” non sia formalmente previsto dal diritto europeo, esistono strumenti analoghi nel Codice della Proprietà Industriale e nella normativa sulla concorrenza sleale. In Italia, un packaging troppo simile a quello di un concorrente può essere contestato come imitazione servile o concorrenza confusoria, se induce il pubblico a credere che i prodotti provengano dalla stessa azienda.
Il caso Smucker’s – Trader Joe’s ricorda quindi anche ai marchi europei l’importanza di curare con attenzione il design dei propri prodotti. Il packaging, infatti, non è un semplice contenitore, ma un potente strumento di comunicazione e riconoscibilità del prodotto.
Affidati a un professionista
La vicenda americana è un esempio concreto di come il diritto dei marchi si stia evolvendo verso forme di tutela sempre più ampie, capaci di abbracciare anche l’estetica del prodotto.
Per le aziende, significa che ogni dettaglio visivo – forma, colore, layout – può diventare parte integrante del valore del marchio. La protezione di un marchio , quindi, non passa solo dal nome, ma anche dallo sguardo del consumatore.
Lo Studio Bonini offre consulenza specializzata sia nella fase di registrazione, per evitare conflitti futuri, sia nella fase di contenzioso, per tutelare i diritti già acquisiti da imprese e professionisti.